Oggi ricorre il triste anniversario dell’assassinio di Darya Dugina, uccisa a Mosca da un ordigno collocato sulla sua auto da agenti del Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU). Darya era una giornalista ed analista impegnata sul campo e nella diffusione dell’Eurasiatismo, così come suo padre Aleksandr Dugin, filosofo e politologo. Una lunga serie di atti terroristici che ha colpito (a partire dal 2014), tra il Donbass e la Federazione Russa, personalità di area patriottica tra cui Alexei Mozgovoy, Aleksandr Zakharchenko, Mikhail Tolstykh (Givi), Arseny Pavlov (Motorola) e tanti altri. Un conflitto parallelo che si infiamma all’improvviso per poi tornare silente in attesa del prossimo “bersaglio” da centrare, magari uno dei tanti elencati sui siti ucraini. Quelle pagine Internet ignorate dai media occidentali, ove compaiono anche alcuni nostri connazionali, considerati nemici della giunta banderista di Kiev. Ma la “guerra è guerra” e, seppur cruenta e spietata, è ormai parte della nostra esistenza. E non vi sarà pace sino a quando l’Impero della Menzogna, così come lo definì il Presidente V. Putin, non crollerà e cederà il posto ad un nuovo ordine internazionale più giusto, equilibrato e pacifico.
Con la morte di Darya Dugina si è colpito qualcosa di profondo e celato nel cuore della Russia, un piccolo tesoro da preservare e custodire. Non è stato solo un barbaro omicidio, ma uno sfregio indelebile, una ferita che, ad un anno di distanza, gronda ancora sangue. Tuttavia il suo impegno per la liberazione dei popoli dalla piaga del globalismo non è stato vano. Darya preconizzava un futuro luminoso per l’Africa e proprio ora il risorgimento panafricanista sta irrompendo sulla scena internazionale, scalzando il neocolonialismo francese e nordamericano .
L’Europa, invece, da campo di battaglia tra due visioni del mondo – globalista e anti-globalista – è divenuta una prigione per gli europei stessi, compressi da ideologie antiumane e antisociali, illusi di vivere in una “società libera, aperta e tollerante”, ma in realtà un lager senza futuro, governato da tecnici senza scrupoli, che presto lascerà la scena.
Luca Rossi
Associazione Culturale Russia Emilia Romagna