Il soldato Fëdor Poletaev.

Nell’80° anniversario del morte del Partigiano sovietico Fjodor Poletaev, pubblichiamo la prefazione al libro “Il soldato Fëdor Poletaev” scritta dal Generale Afanasij Pavlant’evič Beloborodov,  edito dall’Agenzia Stampa Novosti nel 1975.

Белобородов Афанасий Павлантьевич - 30 Января 2020 - Музей Григория  Ивановича Шелехова

Si è già scritto molto sulla Grande Guerra Patria; sembra che ogni volta che tutti gli aspetti di questa indimenticabile epopea popolare siano stati chiariti, sviscerati. Tuttavia la continua pubblicazione di libri sempre nuovi, che traggono spunto da questo tema, dimostra che la nostra conoscenza sul quel periodo della nostra storia è tutt’altro che esaurita.
Penso che abbia ragione lo scrittore Nikolj Gribaciov quando afferma che “…ancora per molti anni , forse, per decenni, il tema l’uomo in guerra” dovrà essere uno di quelli su cui occorrerà soffermarsi di più. La vittoria sul nazi-fascismo, per effetto della quali il sistema mondiale del socialismo, è stato il momento determinante, ma furono anche le condizioni per il crollo del colonialismo. Noi scrittori, se non avremo compreso nella sua giusta dimensione, la condizione dei nostri uomini in guerra, difficilmente potremo comprenderli fino in fondo nelle condizioni di pace” (N. Gribaciov “Sulla guerra e sull’uomo” Nella raccolta “Esercito e letteratura”. Mosca, Voenizdat, 1971, pp. 55-56).
Ci sembra di poter trovare una chiara conferma di questa analisi anche nel presente racconto. Il tema della guerra, dei suoi drammi e delle sue lotte continua ad essere attuale, e gran parte dei lettori si accostano con grande interesse alle opere che lo affrontano.
Il suo nome si affianca a quelli di Aleksandr Matrosov, di Jurij Smirnov, di Zoja Kosmodemjanskaja, del commissario politico Klockov, dell’aviatore Maresiev… Ma fino a pochi anni fa l’ex fabbro di Rjazan Fiodor Poletaev ci era assolutamente ignoto. Soltanto i suoi parenti e i conoscenti conservavano l’immagine di quest’uomo meraviglioso pur convinti che fosse caduto dalle parti di Kharkov, nella calda estate del 1942…
In effetti soltanto più tardi Fjodor Poletaev legò alla storia il suo nome divenendo eroe nazionale di due paesi: dell’Unione Sovietica e dell’Italia.
Negli anni 1962-63, sulla stampa furono pubblicati diversi racconti e articoli su Fjodor Poletaev. Il merito è soprattutto dello scrittore Sergej Sergeevic Smirnov e di altri giornalisti; leggendo questi servizi sulle riviste e sui giornali, anche noi restammo ammirati del coraggio e dell’eroismo dimostrato da un ignoto soldato sovietico, che negli anni della lotta contro il nazismo combatté a fianco degli italiani.

A cosa era dovuta la sua straordinaria fermezza, la sua forza morale? Gli autori del presente racconto, ricostruendo le figure e i destini di Fjodor “di ferro” e dei suoi compagni di lotta, hanno cercato di rispondere in modo esauriente a queste domande.

Fjodor Poletaev non ebbe certo una vita facile; sin dall’infanzia dovette affrontare parecchie difficoltà, rinunciare a molte cose. Presto, troppo presto sulle sue deboli spalle di ragazzo incominciarono a gravare le preoccupazioni. Rimasto senza padre, quando era ancora giovanissimo, Fjodor imparò a conoscere le crudeli condizioni sociali russe, quando suo padre morì sul lavoro, nel mulino di un padrone spietato, Losilin. Già allora Fedja incominciò ad odiare il “Kulak” ed a lottare come poteva contro l’ingiustizia e la crudeltà.
La fame e il freddo, la miseria … Il ragazzo avrebbe voluto trascorrere gli anni giovanili serenamente, coi suoi compagni, ma fu costretto a lavorare quando ancora non aveva compiuto undici anni, alla guida dell’aratro.
Fedja andava volentieri a scuola, seguiva le lezioni con gioia. “ Ma un mattino la borsa di Fjodor con la piccola lavagna rimase appesa al chiodo ed egli restò a casa, seduto su una panca per intrecciare le fibre di tiglio. Come avrebbe potuto studiare, se a casa non vi era nemmeno un tozzo di pane…

Definitivamente, a 15 anni la miseria costrinse Fjodor a cercarsi un lavoro; andò quindi presso Pavlovskij Posad dove si estraeva la torba per la “Klasson” la prima centrale elettrica del mondo funzionante a torba.
Sul lavoro conobbe molto giovani, tutti accomunati dal medesimo destino; tra questi, chi ebbe più influenza sulla sua formazione e sulla sua sensibilità fù Aleksandr Artjukov caposquadra della cooperativa facchini.

Niente avvicina di più gli uomini come il lavoro in comune, i fini comuni. Fjodor Si inserì rapidamente nel collettivo di lavoro, divenendone membro a pieni diritti. Il ragazzo contadino, oppresso dal bisogno, divenne un vero operaio. Ed effettivamente Poletaev lavorava in modo sorprendente per tutti. “ Nel complesso non mi sbagliai nei suoi riguardi… In questi anni egli aveva cambiato aspetto, era cresciuto e divenuto più forte. Ma, il mio compagno più giovane, non era cambiato nell’essenziale. Egli era rimasto buono, gentile, onesto e laborioso. E la costanza del carattere, del vero carattere operaio, è una cosa bellissima”.
Questo è il giudizio che Aleksandr Artjukov ha dato di Fjodor, facendo praticamente il bilancio dei sedici anni di lavoro di Poletaev nelle miniere di torba.

Ma non appena gli giunse la notizia che nel suo villaggio natio di Katino era in costruzione un Kolkhoz, Fjodor non poté restare indifferente a questo avvenimento e si affrettò a tornare a casa. Il giorno dalla partenza lo accompagnò tutta la squadra.
Dopo il servizio militare, durante il quale strinse amicizia con il comunista Konstantin Fokin, Fjodor Poletaev contribuì ad avviare l’attività di un kolkhoz nel Kuban, lottò contro le bande dei “kulak”, tornò a lavorare nel kolkhoz del villaggio natio, imparando a manovrare tutte le macchine agricole, e lavorò lì fino allo scoppio della guerra.
Milioni di perone, parteciparono alla guerra e alla resistenza, e ciascuno ebbe un destino diverso. Ma è del tutto fuori del comune la sorte che toccò a Fjodor Poletaev.
Ricordo bene gli avvenimenti e le persone che compaiono nei capitoli dedicati ai primi giorni di guerra; con molte di essere ho diviso la sorte di quattro interi anni sulle vie della guerra, con alcune di esse sono tutt’ora in contatto.

Erano giorni pieni di eroismo, di lotte estenuanti, e tutt’ora non ricordi di qualcuno che si sia tirato indietro, che abbia mostrate le spalle al nemico.

Anche senza accorgersene molti di noi si trovarono a compiere dei veri atti di eroismo. Quando Fjodor Poletaev venne a prestare servizio nella nostra divisione, aveva sempre tanti esempi di coraggio e fermezza. Si sarebbe potuto comporre una canzone o scrivere un libro su ciascuno dei soldati e comandanti della divisione. Nel racconto “Il soldato Fjodor Poletaev” risalta in modo vivo e veritiero proprio questo carattere popolare della lotta contro il fascismo, la spinta ideale che sosteneva i combattenti sovietici.
Il nostro cammino verso la vittoria fu duro e difficile. Esso passò attraverso i campi della regione di Mosca, le notti fredde di Leningrado, attraverso Stalingrado, Brest, Odessa e Sebastopoli, attraverso centinaia di villaggi e città, attraverso le vette anonime sulle quali i nostri soldati combatterono fino all’ultima pallottola, fino all’ultima granata, attraverso i sentieri partigiani della Bielorussia, dell’Italia, dell’Ucraina e della Jugoslavia.

Durante i quattro anni trascorsi al fronte, partecipai a numerose battaglie. Forse la prova più difficile che abbiamo dovuto sostenere è stata la battaglia sotto Mosca. Nessuno dei difensori risparmiò il proprio sangue, la propria vita, tutti combatterono fino all’ultimo respiro contro i nazisti. Qui si manifestarono nella misura più piena e nel modo più evidente le doti migliori del popolo sovietico.
Ricordo di aver notato durante la nostra offensiva, non lontano da Isra, una frase incisa su un palo telegrafico, frettoloso intaglio di un soldato tedesco: “Addio Mosca, torniamo a casa” . A fianco vi era una nota, scritta a caratteri grandi da un nostro soldato, chissà, forse Fjodor Poletaev: “Non importa, vi raggiungeremo”.
Chi l’aveva scritta, con tanta convinzione sapeva che sulla strada avrebbe dovuto sostenere ancora non poche prove, battaglie, e che avrebbe perso ancora altri amici e versato non poco del suo sangue, ma sapeva anche che avrebbe sconfitto il nemico.

Quando combattevamo sui campi della regione di Mosca, nelle steppe del Don, alle porte di Stalingrado, quando a denti stretti abbandonavamo i luoghi natii, il nostro pensiero era soltanto uno: torneremo, senz’altro torneremo. Questa fu la promessa che ci ripetevamo senza tregue; e i soldati sovietici la mantennero.
Lottando per la libertà del proprio paese, per la sicurezza e l’inviolabilità dei suoi confini, i nostri soldati capivano di assolvere anche un dovere internazionalista. Anche Fjodor Poletaev lo sapeva quando combatteva in Patria e in Italia, dove fu degno rappresentante dell’Esercito Rosso.

Il soldato non pensava alla gloria e nemmeno alle decorazioni, ma ad avvicinare il giorno della vittoria.
Dopo aver illustrato l’indole morale di Fjodor Poletaev, dei soldati e ufficiali Akhmet Khasanov, Grigorij Kastanov, Pjotr Gelev, Vladimir Barejsa, Pavel Dobrygin e altri, gli autori mostrano la superiorità morale dei sovietici sul nemico: i nazisti non riuscirono a piegare la volontà di Fjodor Poletaev, Nikolaj Petukhov, Nikolaj Kockin e di numerosi altri. Grazie alla loro straordinaria forza d’animo, seppero superare tutte le disavventure e le sofferenze, fuggire dalla prigionia per continuare la lotta contro il fascismo. Con le armi in pugno, i soldati sovietici aprirono la strada per i monti, verso i patrioti italiani, per combattere a loro fianco contro il nemico comune.

Insieme ai partigiani italiani, i nostri combattenti si impegnarono in numerose incursioni nelle retrovie del nemico, quali membri delle brigate garibaldine attaccarono i fascisti in molte zone dell’Italia settentrionale e centrale.

Dalle pagine del racconto emergono le figure dei coraggiosi partigiani italiani Boro, Titto (Giulio Cerri), Giuseppe Salvarezza, Musso Luigi, Luigi Ruma (Falco), ecc. Si parala anche dell’amicizia sorta tra i partigiani italiani e sovietici, venutisi a trovare lontano dalla patria, amicizia rinsaldata dalla lotta affrontata insieme. Gli abitanti delle città e dei villaggi italiani, stimavano grandemente i nostri soldati per il loro eroismo, il loro coraggio e la loro nobiltà d’animo.
Tra gli altri è considerato con una particolare attenzione il commissario del reparto partigiano russo-italiano Nikolaj Pavlov, uomo intelligente, riflessivo, coraggioso. Dopo aver ascoltato attentamente i racconti di Poletaev, Petukhov e Kockin sulla loro fuga, rivolse a loro parole in apparenza semplici, di circostanza pronunciandole però in modo che ciascuna di esse colpisse lanimo dei soldati:

-… in prigionia abbiamo imparato ad odiare il nemico cento volte più fortemente e, per noi, la riacquistata libertà significa soltanto vendetta. Vendetta per il dolore, le umiliazioni, le sofferenze che abbiamo dovuto sopportare, per i compagni caduti… Lottare! A qualsiasi prezzo, anche a prezzo della propria vita. Dovete tenere presente che, anche qui, lontano dalla nostra terra, noi continuiamo ad essere suoi soldati…

Gli autori sono riusciti anche a descrivere bene le figure di altri comunisti e funzionari del Partito, che al fronte propagandavano le idee del Pc(b)URSS.
La vita di Fjodor Poletaev è talmente straordinaria e avventurosa, che gli autori non hanno dovuto inventare o improvvisare niente. Essi non hanno fatto altro che scegliere le più brillanti pagine della biografia dell’eroe e dei suoi compagni e dare ad esse una nuova sistemazione.

Quale comandante della 9a Divisione dei Fucilieri della Guardia, sono orgoglioso che nella nostra unità abbiamo prestato servizio i l soldato Fjodor Poletaev, che, insieme coi soldati siberiani, l’ha resa famosa e che per lungo tempo è stato l’unico straniero ad essere eroe nazionale dell’Italia.

Questo libro non lascerà nessuno indifferente. Attraverso di esso il lettore conoscerà Fjodor Poletaev e numero altri uomini straordinari che, col loro esempio insegnano ad amare veramente il proprio paese, ad essergli fedeli fino in fondo. Questi uomini vissero e lottarono nel periodo difficile dell’invasione fascista, che mise in pericolo l’esistenza stessa del nostro Stato. Per allontanare il pericolo mortale, che pendeva sul nostro e su altri popoli, esseri fecero di tutto, senza risparmiare nulla di sé.

Noi ci inchiniamo davanti al coraggio di Fjodor Poletaev e dei suoi compagni d’arme. Il nome di Fjodor Poletaev, del soldato russo, del soldato internazionalista, vivrà per sempre nel cuore di tutti.

A. Beloborodov
Generale d’Armata
Due volte Eroe dell’Unione Sovietica.